da Giorgio Senaldi, Milano
Il Barbiere della Sera pubblica il testo integrale della sentenza di cui al titolo. Mi parrebbe interessante raccoglierla nella sezione Documenti o, quanto meno, pubblicare il link http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=14964
da Alessandro Ceratti
Va bene che il Mali è stata una colonia francese, ma adesso il nostro Claudio ci subissa di francesismi. Benché il mio francese sia non male mi capita di trovarmi in difficoltà. Con la “falaise” me la cavo, evidentemente sta per falesia. Ma con la “brousse” sono a terra. Quel paio d’anni che ho vissuto a Parigi non mi è mai capitato di imbattermi nella “brousse”. Evidentemente nei dintorni di Parigi di “brousse” non ce ne deve essere molta.
da Moreno Carlini, Spoleto
Finisce una cerimonia che da 29 anni si celebra ogni giovedì a Buenos Aires. Il corteo delle madri dei desaparecidos argentini, che dal 1979 sfilano nella avenida 9 de julio, la strada che collega la Casa Rosada con le Camere. “Non c’è più motivo, il nemico non abita più là” dicono le vecchie mamme che per quasi 30 anni hanno ricordato i figli e i mariti (circa 30.000 persone) uccise dal regime argentino negli anni 70. Se ne parlerà ancora per poco. Meno male. Pensiamo al futuro. Le mamme, quelle mamme, sono finalmente nel passato con i loro figli. Un modo per ritrovarsi. Scendere nelle pieghe del tempo che tutto dimentica. Là troveranno i loro parenti. Io c’ero là a Buenos Aires, ad assistere ad una delle prime manifestazioni. Strada velocemente sgombrata da poliziotti in assetto anti sommossa. Divise nere, manganelli neri, caschi neri, auto nere. Transenne velocemente sistemate per impedire il passaggio della gente “normale”, poi arrivano queste signore, la maggior parte anziane. Con abiti colorati che contrastano con il nero della polizia. Sulla testa un fazzoletto bianco, in mano le foto dei desaparecidos. Gridavano “Nunca Mas” (mai più). Alla fine del corteo, la polizia le sgombra velocemente e nel tempo del rosso (rosso) di un semaforo, la vita riprende. Ciao mamme. Nunca mas!
da Gianni Guasto
E’ dura la vita (politica) quando non si hanno eroi da esibire, e durissima quando si ha un passato imbarazzate da far dimenticare. Per questo, quando si deve affrontare una campagna elettorale, può far comodo inventarsene uno. Durante la giornata della Memoria, presentando il libro “I Giusti d’Italia”, il Ministro Fini ha paragonato Giorgio Perlasca, il padovano che a proprio rischio salvò migliaia di ebrei ungheresi dai campi di sterminio, a Fabrizio Quattrocchi, che ha consapevolmente rischiato e perso la vita soltanto per sé, non salvando nessuno, morendo poi con molta dignità e con ragguardevole sprezzo della minaccia. Che c’entra Quattrocchi con Perlasca? Assolutamente niente, ma a forza di ripetere che é un eroe, finirà per diventarlo.
da Pino Granata
Il Corriere della Sera ha fatto un sondaggio sulla nuova legge sulla legittima difesa. Bene più del 70% degli Italiani si è schierato a favore. E non mi si venga a dire che i lettori del Corriere sono di Destra. Evidentemente la maggioranza degli Italiani non ha nessun piacere a trovarsi in camera da letto un rapinatore armato ed a subire passivamente rapine, pestaggi e stupri. Se poi ci sono i tipi alla Freda che inneggiano ai terroristi di Hamas, allora il quadro è completo. Urge un chiarimento a Sinistra.
Milioni di persone che credono, o devono credere, alle sciocchezze di Berlusconi. Ma credono veramente che i loro interessi economici, che sono le sole cose che interessano gli elettori di Destra, siano ben difesi da Berlusconi e dal suo gruppo di incolti cortigiani? Non credo proprio. Certo che se l’Italia fosse un paese fondato sulle barzellette e sulla chirurgia plastica, allora sarebbe davvero ben rappresentati, ma , per fortuna, non è così.
22 gennnaio: a Djenné
Oggi lasciamo i paesi Dogon con una certa tristezza. Il paese di Walia viene a salutarci, tutte le autorità assistono alla partenza del nostro pulmino. Ieri il paese ha eseguito per noi in piazza la danza delle maschere per la quale i dogon sono famosi. Poi abbiamo dato fondo a quasi tutti i nostri CFA per l’acquisto di Bogolan (i tessuti dipinti col fango) e gli indigo (i tessuti disegnati con il blu ricavato da foglie di non so quale albero. Abbiamo visitato altri due o tre villaggi sempre inseguiti o tenuti per mano da decine di bambini. Le ragazze del gineceo sono curiosissime di quello che sta comparendo sul blog anche perché parenti ed amici continuano ad inviar loro commenti con i telefonini. Si arriva a Djenné la città famosa per il suo mercato del lunedi, una specie di girone infernale, e soprattutto per la sua grande moschea, la più imponente costruzione di fango dell’Africa. Mi dicono che ogni anno, per risistemarla dopo la stagione delle piogge, ci lavorano quattro mila persone. Noi naturalmente non possiamo entrare e dobbiamo accontentarci di girarci attorno. Sembra che la mia valigia verde mi attenda ansiosa a Bamako. Nel frattempo io ho definitivamente completato la mia femminilizzazione. Il primo giorno tutto il gruppo usava il plurale maschile. Siamo andati, siamo arrivati. Dopo due o tre giorni le donne erano passate con decisione al plurale femminile anche quando parlavano di me. Siamo andate, siamo arrivate. Oggi mi sono scoperto ad usare anche io il femminile. Sento che fra qualche giorno mi verranno le mestruazioni. A Djenné incontro un amico di Filippo Solibello, reduce dal Forum Sociale di Bamako. E’ Nicola, consigliere regionale dei Comunisti Italiano in Veneto. Lo obbligo a cenare con noi ragazze.
23 gennaio 2006: a Thiery Bou Gou
Dopo un’ultima visita veloce a Djenné, si parte per Thiery Bougou, un sorprendente villaggio realizzato da un ex missionario, padre Verspieren, una quarantina di anni fa. In piena savana, su un ansa del Dani, affluente del Niger, ci sono oggi decine di ettari piantumati a Eucaliptus, orti, allevamenti di cavalli, di asini, di anitre, di oche, di conigli, due piscine, un ristorante, un bar, decine di stanze di albergo, un piccolo museo, vasche per piscicultura, frutteti, una scuola elementare. Una specie di Eden artificiale che va avanti ad energia solare, eolica e biogas ricavato dal concime animale. C’è anche una specie di piccolo giardino zoologico. Due boa, un coccodrillo, un cammello, sei tartarughe giganti, due scimmie che ci guardano come per dirci: “Ma che ci facciamo qui in gabbia in Africa? Ma allora portateci a Berlino”. L’ex missionario, morto due anni fa, è considerato un misto fra un santo e un genio. Sicuramente ha portato benessere da queste parti. Tra l’altro ha disseminato di pozzi tutta la regione. Ma doveva essere anche un po’ megalomane. Si era costruito una specie di molo sul fiume dove era attraccata una grande nave, ma veramente grande, con la quale faceva lunghi viaggi sul Niger. E anche un aeroporto dal quale decollare col suo piccolo aereo privato. In ogni caso gli hanno dato la Legion d’Onore. (csf)
da Isabella Guarini
Caro CSF, dal suo diario africano rilevo che le privazioni trasformano in beni preziosi le comodità cui siamo quotidianamente abituati. Penso, però, che anche la pubblicità abbia il potere di rendere desiderabile un prosaico rotolo di carta come quello della carta igienica. L’Africa siamo noi, ma non abbiamo né il Niger né la “casa della parola”, che è la scoperta più bella che il suo viaggio ci abbia fatto conoscere.
da Claudio Urbani, Roma
“Sono un liberale di sinistra…”. E’ la definizione usata da Silvio Berlusconi durante il programma ‘L’Incudine’. Il presidente del Consiglio, facendo riferimento agli Stati Uniti, dice di trovarsi piu’ vicino per molti aspetti “al partito democratico piuttosto che al partito repubblicano”.
RISERVATO di Michele Serra (da Paola Bensi)
Corre in braghe corte, assiderato dal gelo, reggendo in mano una fiaccola. Tra i lavori precari è uno dei più penosi e usuranti
Tra i lavori precari, il tedoforo olimpico è uno dei più penosi e usuranti. Correre in braghe corte, assiderati dal gelo, reggendo con una mano la nuova fiaccola vanto del design italiano (28 chili con il pieno di cherosene) e con l’altra cercando di asciugare il rivolo di moccio, e nel frattempo sorridere ai bambini che ti gridano: “Ma ‘ndo vai, stronzo!”, bevendo Coca-Cola per onorare lo sponsor in dosi tali da provocare a ogni passo, per contraccolpo, un rutto mostruoso, e rispondendo al telefonino al sottosegretario che chiama per complimentarsi e ti dice “siamo fieri di lei, Vialli”, anche se non sei Vialli, ma un oscuro ex arbitro con l’enfisema, e mentre stai cercando di spiegarglielo, tra i rantoli, il cellulare ti cade e viene calpestato dal cavallo di un dimostrante contro la Tav. CONTINUA…