da Paola Bensi (da www.internazionale.it)
31 maggio 2005
Caro G.,
dico subito che non parlerò di Ratzinger e del suo appello ai vescovi. Il papa non si rivolge a me né credo alle persone con cui condivido linguaggio, valori, obiettivi. Non ho la forza in questa discussione già faticosa e dolorosa a tratti di pormi il problema della chiesa.
Vorrei parlare invece dell’adozione, ovvero il Grande Ricatto: in due parole, perché chi è sterile si ostina a volere un figlio biologico quando c’è un’alternativa facile, generosa e naturale come quella di adottare un bambino orfano?
A parte la profonda ingiustizia per cui chi ha una malattia (la sterilità in questo caso) ha l’obbligo di essere più buono, altruista, maturo di chi è sano, ci sono parecchi errori in questa versione dei fatti, che pure è molto diffusa.
Il primo è rappresentare la scelta della fecondazione assistita come una strada dritta, frutto di una decisione appunto ‘ostinata’, mentre nella realtà è piena di svolte, discese e tante salite: tutto comincia quando dopo qualche anno di sesso spontaneo ed entusiasticamente ‘non protetto’, si decide di entrare nel tunnel di ovulazione, temperatura basale, cicli, per poi passare ai vari esami sempre più lunghi e invasivi, spermiogramma, dosaggio ormonale, isterosalpingografia, laparoscopia, magari affiancati dietro consiglio del ginecologo da un primo tentativo di inseminazione semplice. La diagnosi arriva dopo un percorso già lungo e già profondamente medicalizzato, e la scelta di proseguire non è quindi così radicale come si potrebbe pensare.
Ma l’errore principale riguarda l’adozione, vista come scelta facile e naturale rispetto agli artifici del laboratorio. Anche per noi fu la prima opzione, la più ovvia dato il nostro retroterra culturale, politico, umano. Ci scontrammo subito con la prima sorpresa: nonostante convivessimo da quasi dieci anni, non avremmo potuto FARE DOMANDA di adozione prima del terzo anno di matrimonio. Organizzare una festa di nozze persino allegra fu questione di un attimo, ma come riempire TRE ANNI vedendoci invecchiare senza un figlio?
Leggendo e parlando con altre coppie in attesa di adozione scoprivamo intanto che le coppie sterili erano considerate con un certo sospetto dal team di psicologi e assistenti sociali che valutano i possibili genitori adottivi (troppo desiderio di un figlio, poco equilibrio psicologico); che economicamente, con due borse di studio, non saremmo stati ritenuti molto stabili; che il fatto di vivere in un appartamento in subaffitto avrebbe potuto essere un problemaŠ con terrore scoprivamo come la piccola dose di anomalie delle nostre vite ci avrebbe forse impedito di adottare un bambino.
La scelta di provare con la FIVET, una volta, una sola, è venuta così, aspettando questi famosi, crudelissimi tre anni. E’ andata che è nato N., sarebbe potuta andare diversamente, ma saremmo stati lo stesso tipo di genitori, né più generosi né più egoisti.
C.
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