L’orsa bruna arrivò sul più bello. Io e mia moglie eravamo immersi, nudi, in una vasca da bagno alimentata da un piccolo geyser. Era sostanzialmente un bagno turco in mezzo ad una radura. L’orsa bruna, a circa dieci metri, si fermò, si alzò sulle zampe, fece una di quelle scene che le fanno fare nei documentari per spaventare la gente, e si mise a guardarci incredula. Io uscii dalla vasca e consegnai la mia macchina fotografica a mia moglie. E mi avviai. Già vedevo i titoli sui giornali italiani. “Giornalista italiano affronta nudo orsa bruna nella penisola della Kamchakta”. Ma non andò come speravo. Colpa di mia moglie. Tutto ciò, con dovizia di particolari, in una sconvolgente pagina di Amascord. In tutte le librerie italiane (ce ne sono ancora di copie, tranquilli).
Nella fotografia io sono al centro. Valerio Morucci, capo della colonna romana delle Brigate Rosse, è alla mia sinistra. Alla mia destra c’è Luciano Lutring, il solista del mitra. Chiacchieriamo amabilmente, un giornalista, un rapinatore e un terrorista, passeggiando dalle parti della vecchia stazione del trenino di Cortina d’Ampezzo. Sullo sfondo il Pomagagnon. Nella mia vita ho vissuto molte di queste situazioni. E’ il giornalismo.
Il secondo libro che ho scritto sarebbe stato meglio non scriverlo. Era la storia di un clamoroso fatto di cronaca, l’omicidio di Cesare Brin, un farmacista di Cairo Montenotte, presidente della società di calcio Cairese. Il suo cadavere, col cranio fracassato, fu ritrovato in una scarpata. Dell’omicidio fu incolpata una giovane donna titolare di una galleria d’arte di fronte alla farmacia di Brin. Una donna titolare anche di una notevole quantità di mariti, di fidanzati, di innamorati e di amanti, tra cui Cesare Brin. I giornali la chiamarono subito “la Mantide di Cairo Montenotte”. Vi domanderete: perché sarebbe stato meglio non scriverlo, questo libro. Su questo ultimo libro, Amascord, c’è la risposta.
Il primo libro che ho scritto era una biografia di Giovanni Spadolini. L’editore, per gentilezza, gli mandò le bozze. Il pacco con le bozze ritornò a stretto giro di posta. Non era segnalata alcuna inesattezza. Una sola grande scritta sul plico: “Attenzione proto! Il capitolo 20 è soppresso”. Che cosa conteneva il capitolo 20?
Gianni Farneti era il mio amico del cuore ai tempi del liceo. Eravamo in classe insieme, eravamo vicini di casa, eravamo entrambi figli di giornalisti, passavamo insieme la maggior parte del nostro tempo libero. Gianni era una specie di mito per me. Aveva la motocicletta rossa. Io avevo un Lambrettino giallo. Fumava, beveva, aveva un sacco di donne, sapeva l’inglese, l’estate andava a Londra. Era tutto il contrario di me. Appena presa la patente, io m’ero comprato una Topolino grigia. Lui un’Alfa Romeo Zagato. Una volta gliela chiesi in prestito perché avevo bisogno di fare il ganzo con una ragazzina. Trovai a bordo una bottiglia di whisky. Era il momento del Chivas Regal. Per darmi un tono detti una sorsata e per poco non ci rimasi. Nella bottiglia di Chivas Regal Gianni ci teneva l’aceto che usava per pulire il parabrezza.
Maria De Filippi, alla fine, ma proprio alla fine, mi confessò che un alto dirigente di Mediaset, una volta, ci provò con lei. Lo fece in maniera un po’ goffa, al telefono, come un ragazzino alle prime armi. Che cosa ti disse? Mi disse: “Sai Maria che hai proprio due belle bocce?” Due belle bocce? Maria devi dirmi chi è. Lo voglio sapere. Non ci fu niente da fare. Non posso, è un signore. Signore? Di signorile ci vedevo poso. Ancora oggi non so chi fosse stato a magnificare le bocce di Maria. Mannaggia.
Chi ha memoria è uno stronzo. È uno stronzo che non vuole capire il dramma di chi non ha memoria. Chi non ha memoria all’inizio ci gioca. Poi soffre. Chi non ha memoria a volte dimentica il passato remoto, a volte il passato prossimo. E mette in crisi il futuro. Da un certo giorno della mia vita (non ricordo quale) ho cominciato a dimenticare. Uscivo di casa e dimenticavo perché. Incontravo un amico e non riuscivo a ricordare chi fosse. Raccontavo a qualcuno episodi del mio passato e ne dimenticavo interi pezzi. Adesso i miei amici hanno capito che è tutto vero, ma all’inizio la cosa era imbarazzante. Se qualcuno per strada ti saluta, e tu non sai chi sia, è dura decidere che cosa fare. Gli dici: «Scusa, chi sei?» CI HO SCRITTO UN LIBRO PER SPIEGARE ILMIO DRAMMA-
Mio figlio era bellissimo. La mamma, Franca, era una delle tre donne più belle di Udine. La sorellastra, Monica, era una ragazza splendida. La nonna, mia mamma, Vilma, era una donna di notevole bellezza. Come peraltro mia sorella, Anna Lia. Io, da piccolo, a Riccione, avevo vinto il premio “Bimbi Belli”.
Prima di partire da Masetti, frazione di Lavarone, diretti a Cura, frazione di Vetralla, 600 km più a sud, io e Giorgio andammo della libreria di Trento specializzata in viaggi. Campeggiava su tutti i volumi un libro interessante, « Come fare sesso sul Cammino di Santiago ». Nonostante promettesse bene, non lo prendemmo. Sarebbero stati soldi buttati via. Noi eravamo diretti a Cura di Vetralla!
Ho cantato con i Modena City Ramblers e con la Banda Osiris. Ho fondato un partito, il Pa.Po.Po, Partito popolare populista, che ha tesserato quarantacinquemila “descanottados”. Ero il subcomandante («por qué el comandante es el pueblo»). Se volete saperne di più sul mio passaggio a Caterpillar e ai Caterraduni sapete che cosa dovete fare.