da Primo Casalini, Monza
Trovo ripugnante l’operazione del giornalista Riccardo Bocca dell’Espresso: spacciarsi al confessionale per un penitente e prendere nota di che cosa gli dice il prete. Operazione facile, chiunque può accostarsi ad una grata e dire quello che gli pare. L’inchiesta è costata quattro soldi, bel colpo, ne saranno contenti. La confessione si basa su un patto non scritto di fiducia reciproca, niente è più facile da violare della fiducia. La prossima volta che faranno? Rovesceranno la pisside con le ostie? Si faranno battezzare in quattro chiese diverse per decidere chi è il prete che fa il migliore shampoo? Si nasconderanno sotto il letto della coppia cattolica per vedere che succede nella prima notte di nozze? Essere laici non vuol dire essere sordidi. Chi ne esce bene – l’ho letto, l’articolo – sono i preti e i frati, stretti fra i precetti da una parte e la persona in difficoltà dall’altra. Non si tratta di capre e cavoli, si tratta di persone che vanno aiutate, e loro ci provano: si chiama atteggiamento pastorale, per chi non lo sapesse. Di fronte ad un episodio di tale squallore dico che non posso non dirmi cattolico: battezzato, cresimato, confessato, comunicato, sposato. Domani me la prenderò con Ruini e con i teodem o teocon, come penso sia giusto fare – sono laico da decenni – e continuerò a condividere ciò che scrive Piergiorgio Odifreddi, ma basta con l’Espresso.
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