da Mauro della Porta Raffo
Avevo dodici anni e mezzo e ricordo perfettamente quei terribili giorni: per la prima volta, il tradimento, la brutalità delle armi, la ferocia che è propria di ogni persecuzione, l’impotenza degli ideali più nobili a fronte della crudeltà delle dittature mi si rivelarono appieno.I comunisti sovietici spezzavano ignobilmente sul nascere con i carri armati il sogno ungherese.Quel che io (e milioni di altri, fortunatamente) bambino compresi immediatamente non fu capito da persone quali Giorgio Napolitano e i suoi ‘compagni’ che, di contro e con alterigia, ci dissero che l’intervento armato era pienamente giustificato e, nientemeno, “per il bene dell’umanità” rendendosi in tal modo moralmente corresponsabili di quell’abominio.A distanza di cinquant’anni, dopo avere impiegato, per sua stessa ammissione (e concedendo che non si sia trattato invece di un riposizionamento di comodo non dettato da cuore e ragione ma da mire politiche) un minimo di tre decenni a capire di avere sbagliato al riguardo, Napolitano, in nome dell’Italia, deposita una corona sulla tomba di Imre Nagy.Possibile qualcosa di più squallido?Andrò personalmente a deporre un fiore su quell’avello dappoichè certamente Napolitano, qualunque cosa faccia e a maggior ragione in casi consimili, non mi rappresenta!
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