da Peter Freeman
Caro Csf, sulla rubrica delle lettere del “Foglio” un lettore lamenta, tra l’altro, che Simona Pari e Simona Torretta, al loro rientro in Italia, “si siano presentate al cospetto dei media di tutto il mondo vestite da arabe”. Poi e’ stata la volta di altri due giganti del pensiero, Federico Bricolo e Massimo Polledri, deputati leghisti, per i quali “gia’ il giorno dell’arrivo ci aveva infastidito vederle indossare la palandrana islamica, simbolo di repressione”. Fantastico. Io ero fermo alla messa al bando del velo islamico per le strade di Treviso – iniziativa by Gentilini o comunque del suo successore – pena la multa. Adesso abbiamo la condanna, per ora morale, della “palandrana”, che poi sarebbe la djellabah. Domani sara’ la volta delle babbucce e, a seguire, del couscous e dei gile’ (arabeggianti) e del cumino. Posto che la djellabah e’ normalmente in uso tra le signore occidentali durante il periodo estivo (ne ho una anch’io, lo confesso…) e che la trovo molto elegante, e posto che ognuno si veste come cazzo gli pare, se qualcuno mi parla ancora di “rifiuto della guerra di civilta’ scatenata dal mondo islamico”, giuro che metto mano alla scimitarra.
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