di Emanuele Macaluso (Il Riformista)
Francesco Cossiga scrive a Repubblica che Ilda Boccassini non solo è «valoroso magistrato e simpatica e coraggiosa donna», ma che ha diritto a dire quel che ha detto nella sua intervista allo stesso giornale. La lettera dell’ex presidente è dovuta al fatto che i «giuristi» del Polo hanno chiesto a Castelli inchieste e punizioni, e ai propri membri del Csm di sollevare il «caso», sempre a fini punitivi. Nel centrodestra alcuni ritengono che il ministro di Grazia e giustizia sia uno strumento per colpire i magistrati che, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno istruito processi nei confronti del Cavaliere e dei suoi amici. L’onorevole Taormina era dispiaciuto che il giudice Carfì, ammalato, fosse ancora in vita. Sono d’accordo con Cossiga, ma con un’osservazione. Chi a sinistra si oppone non solo alla separazione delle carriere, ma ad una netta distinzione di funzioni tra giudici e pm, non può parlare. La Boccassini, quando dice che nel processo Previti ha «vinto», dice di essere una parte: l’accusa. La storiella sull’unità della giurisdizione non va invocata in certe occasioni e negata in altre. Coerenza, coerenza, cari amici. Altrimenti la richiesta del Polo ha un senso.
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