Il ghiacciaio Perito Moreno è famoso non solo perché il bello, ma anche perché ogni cinque o sei anni si rompe il tunnel. Ma prima lasciatemi dire che io credevo che si chiamasse Petito Moreno. Quando ho saputo che si chiamava Perito ho pensato che ci fosse morto Moreno. Niente da fare. Errore. Si chiama Perito perché il signor Moreno, che tanto ha dato alla definizione dei confini tra Cile e Argentina, era un perito, appunto. Come se noi avessimo battezzato Ragionier Cervino, Geometra Marmolada. Insomma, il tunnel. Il Perito Moreno è forse l’unico ghiacciaio al mondo che invece di arretrare, si allunga. Allunga oggi allunga domani il fronte si è andato ad appoggiare ad una specie sperone collinare davanti a sé. Combinando un pasticcio perché così facendo ha d’uso in due il lago sotto di sé. Il lago a destra col tempo si rifornisce di una maggiore quantità di acqua rispetto al lago di sinistra. E col tempo si alza anche di dieci metri. Il risultato: l’acqua fa pressione e dopo un po’ a forza di infiltrazioni crea un tunnel. Questo tunnel non si vede finché la volta cede al peso del ghiaccio e all’erosione dell’acqua, La rottura è uno spettacolo al quale assistono migliaia di spettatori che bivaccano in zona nell’attesa. E qui interviene la Sfiga Patagonica che ha colpito il nostro gruppo. Il giorno che siamo stati davanti al Perito Moreno nulla faceva presagire il fattaccio. Ma il giorno dopo la televisione ha dato la notizia dell’improvvisa rottura. Per consolarmi pubblico tutte le foto, del Perito Moreno e degli altri favolosighiacciai , Upsala e Spegazzini
Avete ragione a scrivermi che vi trascuro e che non pubblico fotografie e che non vi racconto abbastanza. Ma credetemi non è facile farlo da Angostaco (ammesso che si scriva così) o da Cafayate. Passo ore inutilmente a tentare la connessione e le foto poi sono pesanti. Adesso sono a Molino, in un albergo wifidotato. Sono le quattro di notte e vediamo se riesco a farvi vedere qualcosa. PIMIENTO A SECCARE SULLA STRADA PER MOLINO
CHIESA DI ANGASTACO
SULLA RUTA 40
A CAFAYATE COSTRUISCONO CASE COSÌ
A CAFAYATE SONO ANCHE MOLTO SPIRITOSI
ANCHE A SALTA SONO MOLTO SPIRITOSI
MI ERO DIMENTICATO DI DIRVI COME SI PARCHEGGIA A BUENOS AIRES
IL MONUMENTO CHE MI È PIACIUTO FI PIÙ, A SALTA
Dormo come un sasso dodici ore nella casa di Rosa Terrazza a Cafayate. Passeggiata di due km risalendo il torrente. Ammiro i sistemi idraulici dei contadini per catturare l’acqua. Pranzo con rosa e i suoi parenti, il figlio Silvestre, la novia del figlio, Janina. Mangiamo una zuppa di mais, poi una ciacra che è un grosso involtino fatto con foglie di mais contenenti mais macinato, con un condimento che si chiama albaca. Poi passeggiata con Silvestre e Janina fino alla bodeguita di Miguel e di Teresa dove fanno il vino, il Torrentès, bianco, e il Malbeq, rosso. Siamo circa a 1600 metri sul livello del mare, ma le vigne sono anche a 2600. È il sole, 340 giorni l’anno, e la grande escursione termica, anche 20 gradi fra giorno e notte, insieme alla terra, arena sopra e sassi sotto , e il clima secco che fanno il miracolo del vino più alto del mondo, el vino de altura. Io mi innamoro del Torrentès. Pomeriggio a sparare cazzate in spagnolo con Carmen e Enrique, che hanno un hospedaje, un alloggio, in cima ad un cucuzzolo. Lo spagnolo non lo so ma le cazzate le gestisco in tutte le lingue. Mi aiutano quattro ospiti di Carmen, Ramiro, Miquel, Sara e Anastacia. Si, Anastacia, una russa che ha sposato uno spagnolo in Italia e che sa un sacco di parolacce in italiano. Silvestre somiglia ad Albano e gli facciamo cantare Felicità. Enrique tira fuori una specie di tamburello e canta: “Soi de Salta, yago falta, alegrate, Cafayate” e tutti a ridere. Silvestre mi aiuta a riconoscere un albero protetto con il quale si fatto i mobili e mi sembra anche le botti, si chiama Algarrobo, con i semi si fa la farina per il pane patay ooppure si nutrono i maialini. Miguel mi sorprende spiegandomi che le barbatelle non sono innestate su uva americana. Le nuove piante sono semplicemente delle talee realizzate con tralci. Quattro gemme sotto terra e due sopra. Ma che volete sapere voi che non siete dei produttori di vino come me? Finisco la giornata a Cafayate, al museo del vino e poi alla cerveceria, più che altro per la connessione internet. La grande ossessione di questo viaggio.
Primo giorno
Sono solo. I miei dieci compagni di viaggio tornano in Italia ed io prendo un volo alla massacrante ora delle sei e cinquanta (sveglia alle quattro) per Salta, nord ovest di Buenos Aires. Salta è una cittadina coloniale spagnola dove gli abitanti sono come io immagino fossero gli incas. Alla faccia dei commercianti borghesi italiani ai quali viene l’orticaria appena sentono parlare di isola pedonale, a Salta il centro è chiuso al traffico e c’è un casino per le strade affollatissime di gente che passeggia, compra, consuma. Nella piazza grande centrale, tipica dell’urbanistica coloniale spagnola, c’è un notevole seppur piccolo museo dell’archeologia di montagna (si parla dell’aconcagua quasi 7 mila metri), delle cime sacre, della rete stradale rituale andina, dove sono conservati ed esposti i corpi dei due bambini e della donzella, che furono sacrificati 500 anni or sono agli dei e che sono giunti intatti fini a noi, scoperti nel 1999. Prendo il bus a due piani che mi porta a Calayate su una strada che scende in una stretta valle rocciosa e rossissima. Faccio tantissime foto e tantissimi video anche se non sono riuscito a conquistare una delle quattro poltrone strategiche, in alto e davanti, sopra l’autista..
Arrivo a Calayate e mi perdo, naturalmente. L’autista che doveva ricevermi alla stazione non c’è, è in ritardo. O meglio il bus è in anticipo. E comunque non è lui perché lui, Omar,mi ha comprato da Carlos che ė al capezzale della madre “enferma”. Arrivo in ogni caso nella casa rural di rosa, figlia di Teresa, dopo aver assistito con invidia ad una tombola in piazza. Decido che domani la tombola non me la perdo. Mangio con rosa, insalata fresca e un piatto di polpette, i “cupi”.
Vi avevo promesso che vi avrei raccontato il mio viaggio in Argentina e l’ho fatto solo saltuariamente. Diciamolo: non era facile, connessioni difficilissime, tempi di viaggio incompatibili, spesso stanchezza. Adesso cerco di recuperare. I miei compagni di viaggio sono in volo per l’Italia, io sto aspettando il volo che mi porta a Salta, nord ovest. Posti, sembra, favolosi.
Piemontesi come Piero Fassino e toscani come Matteo Renzi. Non mi poteva andare meglio. Eccoli qua in tutto il loro splendore.
Anna , di Massa Carrara, vetero comunista, ex assessore regionale. È venuta in Patagonia convinta che Bruce Chatwin avesse girato la Patagonia in motocicletta. Probabilmente Anna è un agente della terza internazionale. Ha tentato di costruire un muro tra Argentina e Cile. È certa che Perito Moreno fosse del kgb. Elisabetta , di Genova. Teorica della cassa comune, girava vestita col burka oppure completamente vintage con scarponi di cuoio lucido, zaino di tela e pelle e macchina fotografica col rullino. Più che vintage, trintage . Durante la visita al carcere della fine del mondo ad Ushuaia ha rischiato di essere trattenuta. È convinta che Perito Moreno fosse uno psicoanalista morto di ego ipertrofico. Sono rimasti leggendari i suoi lunghi silenzi.
Barbara, di Cuneo, come Briatore e Santanché. Ma vergognandosene sostiene di essere nata nel carcere di Alcatraz. È venuta in Argentina per riformare il sistema sanitario dei guanaco. Per piaggeria si è dipinta le unghie con i colori dell’Argentina ma ha sbagliato i colori e non la volevano far passare alla dogana. Più veloce di tutti nel trekking è stara soprannominata “lo stambecco rosso nano”. Stambecco perché zompa su tutti i massi. Rossa per il colore dei suoi capelli. Nana perché è alta poco più che 150. È convinta che il Perito Moreno non sia perito e continua ad urlare “Moreno è vivo e lotta insieme a noi!”
Aldo e Luigina , di Beinasco Torinese. Coniugi ma anche fratelli siamesi. Si sono separati una sola volta, alla dogana che hanno tentato di passare insieme, con un passaporto duplex. Sono talmente presi dalla vita di coppia che si sono convinti che Perito Moreno fossero una coppia, la moglie Perito e il marito Moreno .
Floriana, di sant’arcangelo di Romagna. Assistente sociale. Mestiere che è risultato molto utile per comporre epici scontri al momento di pagare il conto al ristorante. Il fallimento della cassa comune è stato il leit motiv della spedizione. Floriana odia la montagna ma ha fatto di tutto per scalare il certo torre. Appassionata di astrologia, ha fatto l’oroscopo ad un guanaco e ad una coppia di lenga. È convinta che Perito Moreno (guanaco ascendente lama), sia un romagnolo di Cesenatico che ha importato la piadina nella pampa.
Lucia, di Treviso. Non ha mai pagato un contributo per la pensione. Di mestiere regala farmaci. Sostiene che le pietre possono essere maschi e femmine. Ha proposto una legge per le unioni civili delle pietre omosessuali. Ha chiesto a tutti dove abita perito moreno perché doveva consegnargli dei farmaci. A ushuaia ha visto un mucchio di pietre ed ha detto: E’ un’orgia.
Elda e Bianca, pensionate lombarde, di Saronno. Appassionate di trekking religioso. Sono partite da Santiago di Compostela convinte di arrivare al santuario di San Fitz Roy. Camminavano con la conchiglia al collo e pretendevano il timbro ad ogni estancia. Sono convinte che Moreno, che chiamavano Pellegrino Moreno, fosse un prete che faceva tutti i giorni due volte il giro del Lago Argentino.
Ezio. Di Torino. Unico vero perito certificato. Perito elettrotecnico. Appassionato di lunghe conversazioni con Elisabetta. Sensibile ai raggi uv si è ustionato anche di notte sognando una giornata di sole. Uomo di grandi conoscenze enologiche. Ha ordinato tutte le sere tavernello di Mendoza. Si ostinava a chiedere del Perito Barolo.
Sabrina e Andrea, toscani. Guida turistica lei, guida alpina, lui. A El Chanten lui guardando verso ovest ci ha detto: “quella è la torre del paine, quello è il cerro torre e quella è la torre di Pisa”. Coppia di grande armonia risolvono i loro rarissimi screzi davanti ad un bicchierone di mate. Andrea ama fotografare Sabrina sul ciglio dei precipizi dicendole: “Più dietro, più dietro”. Non sono d’accordo nemmeno sul perito moreno. Secondo lei era una guida alpina morta cadendo dal piatto della doccia. Secondo lui era una guida turistica che si perse nel percorso fra il Duomo e il Battistero.
Claudio, giornalista e pensionato. Noto per la precisione e per la capacità di concentrazione. Gli amici del gruppo per sicurezza gli affidavano le cose preziose che temevano di perdere. Detto la cassaforte umana, ha sostenuto fino alla fine che una strana congiunzione astrale ha scatenato la mitica sfiga patagonica che gli ha fatto perdere due volte il cellulare, una volta lo zaino, una volta il passaporto. Alla fine per non privarsi di nulla, si è perso nel tragitto dal ristorante all’albergo ed è stato riconsegnato al gruppo dalla polizia.
SAGGEZZA POPOLARE
CAMINITO
NUVOLE ARGENTINE
VIAGGIARE È UN PO’ DORMIRE
DAL CARCERE DI USHUAIA, QUELLO PIÙ A SUD DEL MONDO: NON SI STA MALACCIO QUI, NO?
Boca è il quartiere famoso per la squadra del Boca Juniors, una delle squadre di calcio più famose del mondo. È un quartiere molto folkloristico, con il famoso Caminito, la strada che una volta era una ferrovia ed oggi è una zona popolata di artisti e di atelier. Io ho incontrato come vedere un famoso papa che è stato molto cordiale con me.
Mi avevano detto che mi avrebbero inondato di carne perché l’Argentina è la capitale della vacca e la bistecca te la tirano dietro. Eccomi qui perplesso davanti ad un piatto di porotos (?) ottenuti dopo lungo dibattito. Le nostre cene sono sempre un’avventura. Abbiamo mangiato merluzzi, trote salmonate, baccalà., milanesi, pastasciutte, zuppe di granchi, ma per molti giorni niente bistecca. Il futuro mi darà soddisfazione? Speravamo che stasera, a calafate… Invece niente. Forse domani agnello, El Cordero andino. Le nostre cene sono una tragedia greca. Le ordinazioni durano ore. La scelta del vino è degna della settimana enigmistica. E il finale è da vergogna nazionale. Il tentativo di cassa comune è naufragato il primo giorno. Non si paga se non dopo minuziosi conti alla genovese. Io ho preso il pesce tu la pasta io ho bevuto la birra io non ho preso il dolce…Resta la convinzione che l’uomo è una bestia e il comunismo un’utopia ridicola.
Ecco Cristina, l’ultima nativa del popolo yamana. Oggi vive in Cile, a Port Williams, a Sud di Ushuaia, ma viene spesso a Ushuaia a trovare parenti. Ha 85 anni. Ha nove figli e un casino di nipoti ma nessuno di loro è un nativo puro, sono tutti meticci. Quando sarà morta lei sarà ufficialmente dichiarato estinto il popolo yamana. Parla lo yamana ma non sa con chi parlarlo. Vive vestita, ma i suoi genitori vivevano nudi.