di Mauro Mauri
Amo il Myanmar, ci sono stato varie volte, ho degli amici e penso che sia una terra unica, terra del Dhamma, terra del più profondo Buddismo. Un viaggio tra il popolo birmano –etnia Bamar, Cinese, Shan, Mon o Karen fa poca differenza- ritempra l’animo, soprattutto di chi vive in questa assurda nazione chiamata Italia, sita in un pazzo lembo di terra chiamato Occidente. Una persone che invidio è il mio amico Ai Thong, Birmano d’etnia cinese. Oltre alla sua lingua madre parla Bamar, Inglese, Thai e Shan. Sempre gentile con tutti, vive in una bella casa coloniale, sita su una collina, con annesso un grosso allevamento di galline ovaiole ed un terreno coltivato a frutta e verdura. Sua moglie gliela mena perchè và in giro stracciato quasi come i suoi lavoratori, a cui spesso si affianca per fare lavori manuali, anche quelli pesanti. I loro figli giocano assieme, senza alcuna distinzione dovute all’appartenere a diverse classi sociali. Ai Thong insegna ai propri figli che nella vita la cosa più importante è essere gentile con tutti, poveri e ricchi. Nonostante i miei amici, nonostante non ci sia delinquenza, in Birmania non ci potrei vivere per vari motivi: non c’è libertà, tutto è assoggettato alle demenziali decisioni del proprio governo. Infine, la differenza tra ricchi e poveri, anzi tra ricchi e schiavi è troppo stridente
Nessun commento.
Commenti chiusi.