di Marco Travaglio per ?l’Unità?
Tutto cominciò addì 4 maggio 2006, quando alcuni giornali pubblicarono le prime telefonate fra Moggi, Giraudo e i designatori arbitrali Pairetto e Bergamo, intercettate dalla Procura di Torino. Una era del 10 agosto 2004, all’indomani dei preliminari di Champions League. Moggi a Pairetto: «Gigi, ma che cazzo di arbitro ci avete mandato?». Pairetto: «Fandel è uno dei primi, il top». Moggi: «Ma può andare a fare in culo, te lo dico io! Oh, mi raccomando per Stoccolma (la partita di ritorno, ndr)». Pairetto: «Porco Giuda, mamma mia, questa veramente dev’essere una partita?». Già che c’era, Lucianone dava disposizioni anche per le amichevoli: «Oh, a Messina mandami Consolo e Battaglia? con Cassarà, eh?». Pairetto: «Già fatto». Moggi: «A Livorno Rocchi, eh?». Pairetto: «A Livorno Rocchi, sì». Un pensierino anche a Milan-Juve, trofeo Luigi Berlusconi: «E al ?Berlusconi? Pieri, mi raccomando». Pairetto: «Non l’abbiamo ancora fatto». Moggi: «Lo facciamo dopo, dài». Puntualmente l’arbitro sarà Pieri. E per il ritorno di Champions? «Mi ha detto Pairetto che viene Cardoso». Ma, a sorpresa, arrivò l’inglese Poll: «Ci han cambiato l’arbitro, li mortacci loro. Che cazzo, oggi li voglio senti’». Poi iniziò il campionato 2004-2005. Alla vigilia del secondo turno, i due designatori furono convocati a cena in casa Giraudo, presente Moggi, per parlare di arbitri. A quel punto, sul più bello, il gip di Torino pensò bene di bloccare le intercettazioni. Nel frattempo però in un’inchiesta parallela, il quartetto, insieme ai vertici della Figc, finì nel mirino della Procura di Napoli. Designazioni pilotate al telefono che concordava addirittura le «griglie» del presunto sorteggio, promozioni e privilegi per gli arbitri «amici» della Juve, minacce e punizioni ai «nemici», orologi e posti in Rai per giornalisti e moviolisti compiacenti, aiuti arbitrali ai club che si prostravano alla cupola moggiana, bastonate e retrocessioni a chi non baciava la sacra pantofola. Bisognerebbe ripubblicarle tutte ogni giorno, quelle telefonate, perché quando la gente le aveva sotto gli occhi, gli effetti erano miracolosi. Carraro & C. a casa, Rossi commissario, Borrelli all’ufficio indagini, politici di ogni colore che invocavano «linea dura», «guardia alta», «pene esemplari». Poi, con la velocità della luce, complice una stampa serva e una tv ancora più serva, le intercettazioni sono scomparse dal dibattito su Calciopoli. Come, a 14 anni da Mani Pulite, si parla di Tangentopoli a prescindere dalle tangenti accertate da centinaia di conti esteri, così a 4 mesi dalle inchieste di Torino e Napoli si parla di Calciopoli a prescindere dagl’imbrogli documentati da centinaia di bobine. Per trovarne traccia bisogna tornare indietro di ben due mesi, e leggersi il rapporto del capufficio indagini Borrelli, giustamente osteggiato dal partito degl’imbroglioni in quanto esperto in indagini. Visto che nelle telefonate emergeva la cupola Juve-Milan (Moggi portava il pallone e gli arbitri, il Milan portava i soldi, le tv e i guardalinee), Borrelli parlò di «sistema». Il procuratore Palazzi chiese di retrocedere la cupola e i suoi ascari: la Juve in C, Milan, Lazio e Fiorentina in B. Tale era la vergogna per quelle telefonate che l’avvocato della Juve, quando gli dissero se si aspettasse la serie A, replicò: «Beh, non esageriamo. La pena giusta è la B con penalizzazione». La Caf del prof. Ruperto disse che non c’era «sistema», ma «illeciti» sì. Tutti in B. La Corte del prof. Sandulli e degli avvocati travestiti da giudici stabilì che non c’erano nemmeno gli illeciti: Juve in B, tutti gli altri in A, Milan premiato pure con la Champions. I saldi di fine stagione sorpresero financo Mastella, terrorizzato dall’idea che la giustizia sportiva fosse una cosa seria. Così, fra i tarallucci e il vino, torna financo Matarrese in rappresentanza di entrambi i generi alimentari. Le vie degli imbroglioni sono infinite: se nel processo penale i gradi di giudizio sono 3, in quello sportivo sono 4, più Tar, Consiglio di Stato e Corte di Strasburgo, cioè almeno 7. Ora la Juve va al Tar a chiedere la A: molto più di quel che, quando le intercettazioni erano fresche di stampa, auspicava il suo stesso avvocato in vena di smisurato ottimismo. E il Tar – secondo Il Romanista – si appresta ad accontentarla, annullando la sentenza-burla di Sandulli, previo blocco del campionato. Così Rossi dovrà andarsene. Il presidente del Coni Petrucci, gemello siamese di Matarrese, si nominerà «commissario del commissario». Ma si parla anche di Gianni Letta. O, se gli va bene con l’indulto, Donato Bilancia.
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