18 gennaio: a Mopti
In viaggio, non si sa perché, si leggono libri di viaggio. Dovrebbe essere il contrario. I libri di viaggio andrebbero letti a casa, a Cinisello Balsamo, a Cura di Vetralla, a Cernusco Lombardone. Invece si leggono mentre si viaggia. E’ come ascoltare musica mentre si suona la chitarra. Io leggo “Avventure in Africa” di Gianni Celati che mi ha prestato Silvia (i miei libri di viaggio sono tutti nel bagaglio che mi dicono sta girando nel triangolo delle Bermuda tra Malpensa, Dakar e Bamako). Mi colpisce soprattutto una sua considerazione sugli africani: Che sarà di loro? Diventeranno come gli occidentali? Scomposti, pedagogici, romantici, depressivi, maniaci del tutto sotto controllo? Crederanno nella privacy, nelle vacanze, nei progetti, nella testa proiettata verso l’avvenire e mai nel presente dov’è? Si vergogneranno della deperibilità dei corpi, del vecchiume, degli scarti, del rimediato, dell’aggiustato? Sono appunti di viaggio da queste parti che Celati fece nel 1997. Un viaggio con mezzi normali, pubblici, collettivi, autobus e treni strapieni e zeppi di umanità. Ogni tanto dice: “Non ho capito niente degli africani”. Figurarsi quanto ho capito io all’interno di un viaggio organizzato, per quanto di turismo responsabile e quindi molto attento alla realtà locale, come tutti quelli realizzati dal Cta di Torino. Io so tutto ormai di Roberta e di Silvia, di Elisabetta e di Paola. Ma niente di Mohamed. Sogno di fare da solo la discesa del Niger, dalla Guinea alla Nigeria passando dal Mali e dal Niger, su navi in servizio pubblico, un giorno. Fino ad oggi ho guardato molto, visto poco, capito molto poco. Mi riesce difficile soprattutto capire perché esiste l’Occidente ed esiste l’Africa. Perché esistiamo noi ed esistono loro. Ogni volta che sbarchiamo in un villaggio che è il buco del culo del mondo, mi fisso a guardare il bambino più piccolo e più carino e penso: “Ma che razza di sfiga ha colpito questo bambino da farlo nascere qui?” Capisco solo che il Mali non è il punto più basso della povertà africana. Forse perché c’è poco Occidente, pochi interessi delle multinazionali, poche risorse da piratare. Sono i ricchi che creano i poveri. Forte di queste profondissime considerazioni che mi fanno sentire più intelligente, corretto e terzomondista, affronto il terzo giorno di navigazione sul Niger. Le batterie della videocamera si sono esaurite. Ne approfitto per stare più attento a quello che vedo. Sfiliamo lentamente acconto a piccoli villaggi di pescatori dai quali compriamo pesci e legna. I bambini ci urlano dietro saluti. Le donne sono sempre più belle e sembrano sempre più intente a lavare se stesse e le pentole nel fiume. Ieri sera io e Roberta stavamo accendendo il fuoco con metodi naturali (fiammiferi, qualche legnetto, pagliette e fazzolettini di carta) quando il conduttore della pinasse ha la splendida idea di usare il suo metodo e butta mezza tanichetta di benzina sul fuoco incipiente. Per miracolo don diventiamo dei bonzi in fuoco. La fiammata è alta, ci avvolge tutti ma ne usciamo intatti anche se Roberta per qualche secondo osserva stranita la sua mano destra in fuoco. Tragedia sfiorata. Turismo avventuroso. I pericoli del viaggiatore estremo. A metà giornata arriviamo a Mopti, città vivacissima, un mercato coloratissimo, un porto fluviale impressionante per attivismo. Splendido il settore delle lastre di sale che vengono sbarcate e subito ridotte mattonelle oppure addirittura tritate. Trovo un intrenet point e scopro che Berlusconi litiga con i suoi alleati. Chiudo il collegamento. Non vorrei che mi arrivasse addosso una dichiarazione di Lunardi. (csf)
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