da Isabella Guarini
Caro CSF, non mi piacciono i trionfalismi da stadio, perchè penso che l’eccesso di consensi per una parte politica sia pericoloso per la democrazia. Considerando la situazione dal punto di vista della città in cui vivo il consenso al centro sinistra è straripante, dalle municipalità(nove su dieci), al comune, alla provincia, alla regione, al governo, al parlamento europeo. Una cordata senza soluzione di continuità. Ora la Sindaca di Napoli, dopo aver sostenuto il no, chiede poteri speciali al Governo per il traffico, parcheggi, rifiuti e, udite udite, sicurezza. Ma non si era detto che la sicurezza doveva essere di esclusiva competenza dello Stato? Insomma, mi sembra di capire che il consenso ad libitum sia dovuto alla convenienza di avere un governo amico e prodigo piuttosto che alla convinzione di salvare l’integrità della Costituzione. Dai dibattiti televisivi sento parlare di riforme da farsi con il contributo di entrambe le parti politiche. Qui c’è un grosso equivoco, perchè il responso del referendum è chiaro : NO, non ci sto!
da Egidio Morretti
Con periodicità circa biennale, mi sembra, “Il Manifesto” paventa la possibilità di chiudere e fa capire che delle donazioni sarebbero benvenute. Io ho comprato “Il Manifesto” mesi fa, quando avevo deciso di comprare un quotidiano e potevo scegliere, in alternativa, “Il Giornale” o “LIbero”. Fra gli articoli: una commemorazione molto critica dell’inventore del Valium, un vaniloquio di Enrico Ghezzi. Anti-farmacologia ideologica e Ghezzi furono sufficienti a ripromettermi di ri-acquistare “Il Manifesto”, come occasione di analisi antropologica di minoranze bizzarre. E’ l’equivalente “colto” della “Corrida” di Corrado buonanima.
da Alessandro Ceratti
In COSTITUZIONE Freeman afferma che il “federalismo proprio non ci azzecca con la storia presente e passata di questo Paese”. Questa è un’affermazione veramente strana. L’Italia è stata non dico “federale” ma addirittura divisa in stati differenti per tutta la sua storia, dal periodo dei Comuni del medioevo (il sacro romano impero può valere come oggi l’Unione Europea) al 1860. Obbiettivamente l’Italia unita è coincisa con il declino irrimediabile dell’ “Italianità”. Pensate soltanto alla povertà dei monumenti costruiti negli ultimi 150 anni rispetto a quelli di qualsiasi periodo precedente. Io non credo che i leghisti abbiano tutti i torti quando sperano in una secessione. Non sono così sicuro che ne verrebbe solo del male.
da Gianluca Freda
Una volta tanto mi trovo in perfetto accordo con Ceratti. L’idea che la formazione culturale abbia il solo scopo di preparare al lavoro e al guadagno è ciò che nel nostro paese ha, da un lato, fatto aumentare a dismisura le iscrizioni alle facoltà universitarie; dall’altro ha impoverito enormemente l’offerta culturale delle stesse, visto che nessuna università vuole correre il rischio di vedersi scappare degli studenti paganti – anche se somari – con corsi di eccessiva complessità. Ciò, paradossalmente, ha spinto le aziende a fidarsi poco dei laureati, che hanno spesso una preparazione non migliore di quella di un diplomato qualsiasi ma pretese ben più consistenti. Detto ciò, sulle aziende ricade l’enorme colpa di avere per lungo tempo premuto sulle università per ottenere corsi di formazione adeguati alle proprie necessità produttive. Formazione che adesso non sono in grado, o non hanno intenzione, di mettere a frutto. Il paradosso è che oggi, in Italia, se si vuole avere un lavoro appena decoroso, la propria laurea è meglio tenerla segreta.
da Alberto Arienti
Quanto “maturai” io, un diploma di scuola media superiore ti dava accesso ad impieghi di discreto livello; adesso sono anni che un diploma ti porta a lavorare come operaio: qualcosa è cambiato, ne vogliamo tenere conto o no? Ogni anno c’è una mobilitazione per carpire i temi in anticipo, famiglie in ansia, giornalisti che ci ripetono le banalità ansiogene dell’anno prima, scuole private che ci speculano sopra: tutto questo per un diploma che non vale più nulla! Prendiamone atto e trattiamolo per quello che vale. Quanto alla “cultura” ed alla “formazione professionale”, forse la scuola dovrebbe dare un mix giusto ai suoi allievi. E la cultura come bene in sè, mi pare una sciocchezza, se associata ad esami nevrotici fatti nel caldo dell’estate.
da Pier Franco Schiavone
A parte alcuni passaggi chiari, faccio una fatica immane a capire, se non ci fosse l’ausilio dell’articolo che di solito correda il testo dell’intercettazione, non capirei nulla. Un pó dipende dal fatto che gli intercettati hanno una mentalitr lontana anni luce dalla mia, piu spesso mi sento un imbecille. Ma come si fa a capire: A: heilá, ciao, vecchio puttaniere (e fin qui…) – B: Oh, buongiorno carissimo, chiami per quella cosa? – A: Eh, hai sentito? Io dico, cioc, mi capisci…- B: come no! – A: come conti di regolare la cosa? – B: direi che chiamiamo, cos.. cin detto peró.. mica… capisci a me! – A: e come.. non ..certo che ti ca.. peró dai.. quello stronzo, 50.000 euro, ma dai.. – B: lo so, ma c nelle grazie di.. capisci a me – A: e come no! Peró anche lui, dai.. – B: ha la fissa dei comunisti. A: ci vediamo da coso? Ci sono un mucchio di sgallettate – B: si tromba? Allora vengo, capisci a me… devo solo ritirare la tonaca in lavanderia!… Mah!
da Vittorio Grondona – Bologna
Lidia Menapace ha affermato solo che le frecce tricolori sono un spreco. Mi pare pertanto che la sua affermazione non faccia una grinza e che ragionevolmente non può essere in nessun caso ritenuta fortemente lesiva della dignità e del prestigio delle nostre forze armate e della loro insostituibile funzione di pace come ambiguamente l’ha definita il partito dell’On. Casini, che fra l’altro in questi ultimi tempi spesso si sta esprimendo un tanto al chilo mescolando il diavolo con l’acqua santa. Detto questo colgo l’occasione per ribadire il mio concetto in merito al servizio militare volontario. La difesa di un Paese deve essere di diretta ed esclusiva competenza di tutti i suoi cittadini e non affidata a mercenari volontari. Un esercito obbligatorio è l’unico insostituibile freno capace di fermare qualsiasi governo bellicista. Il mercenario deve andare ovunque lo si mandi, anche a combattere una guerra ingiusta o non condivisa, ed in quanto volontario pagato della sua sorte tragicamente non gliene frega niente a nessuno.
di Massimo Fini – Il Gazzettino 25/06/2006
L’altro ieri l’onorevole Berlusconi, davanti a una platea di suoi fan, ha affermato: «Non credo che possa sentirsi degno di essere italiano chi non voterà sì» al referendum sulle riforme costituzionali. In serata ha poi corretto il tiro dicendo che «è indegno di essere italiano solo chi non va a votare». Per la verità l’esercizio del voto in generale, e tanto più in un referendum, è un diritto e non un dovere del cittadino. In Svizzera, dove di queste consultazioni se ne fanno ad ogni momento, va a votare solo la metà degli aventi diritto, ma nessuno si sognerebbe mai di dire che l’altra metà “è indegna di essere svizzera”.Io non andrò a votare al referendum. CONTINUA…
da Claudio Urbani, Roma
Andrai in Svizzera, come dichiarato, con la vittoria del NO. Un soloconsiglio: attento all’uso della loro bandiera, il senso dell’umorismodegli svizzeri, come noto, è molto basso.
da Gianni Guasto
E ora, un abbraccio forte a Oscar Luigi Scalfaro.