da Vittorio Grondona – Bologna
Quanto inquina un aereo? L’aereo inquina per terra, per cielo e per mare… Evidentemente l’argomento non interessa!… Analizziamo meglio la testa del pesce Alitalia: probabilmente la “puzza” viene da lì! Io penso che la riflessione di CSF: “Ma che razza di sfiga ha colpito questo bambino da farlo nascere qui?” sia da rivedere. Quel bambino probabilmente risolverà con successo tanti problemi di vita che per noi cd civilizzati e pieni di risorse rappresentano ostacoli insormontabili.
da Mario Strada
Mentre Berlusconi sta cercando di convincerci che lui non crede nella democrazia (non l’avevamo capito) e che sta cercando di farci accettare una nuova soluzione, inventata da lui e dai suoi misteriosi amici, io mi chiedo: che prova abbiamo che Sabelli Fioretti ci stia scrivendo dall’Africa e non da casa sua?
da Pier Franco Schiavone, Milano
Molto gradevole il racconto di CSF in Mali. Però! Però non dice tutto, per esempio non ci ha informato sugli improperi rivolti al conduttore della pinasse e, soprattutto, non ci ha detto come se la sia cavata senza ricambi e senza carta igienica. Ha trovato più delicata la foglia o la pietra liscia? Gira con il bastoncino appuntito tra i denti come fanno certi africani o si strofina i denti con l’indice? Utilizza teneri rametti come cotton-fioc? Si è fatto prestare il profumo: Notte selvaggia nella savana da una delle compagne di viaggio o ha rinunciato all’acqua di colonia? Si regola la folta barba con le forbicine di una delle signore o se la taglia con una pietra affilata? Si è fatto prestare delle calze da donna o gira senza calzini? E se gira senza calzini non ha i piedi come cocomeri? Infine, ha letto il post dell’avv. Arena? Certe cose vanno rivelate.
da Claudio Urbani, Roma
Il Manifesto, parafrasando un vecchio detto, titola”Dio creò l’uomo, Paolo Beretta lo rese lbero” Con la nuova legge, voluta fortemente dalla Lega, ora siamo “liberi” di sparare ad ogni intruso. Premesso che la rabbia di vedersi defraudati dei prorpi averi, a me è capitato, è grande e indicibile, dubito che mi senta in grado di privare una vita umana. Una persona onesta non è asolutamente in grado di sparare ad altro essere umao, come purtroppo, è abituato un disonesto incallito. Non si è preparati, come non lo si è ad avere tranquillamente un’arma in casa, come farebbe presupporre la nuova legge, che farebbe intendere la facilità del porto d’armi. Purtroppo prevedo che la vera conseguenza sarà che il deliquente, non minacci più, ma spari direttamente, magari invocando, poi, ” la legitima difesa…”!
19 gennaio: villaggi Dogon
Viene un momento in qualsiasi vacanza di gruppo in cui si affronta l’argomento principe dei viaggi: la cacca. Il tabù resiste cinque o sei giorni. Tutti fanno timidi accenni ma nessuno affronta il toro per le corna. C’è chi si assenta ogni venti minuti adducendo scuse puerili e chi vedi sofferente ma silente per il problema contrario. Non abbiamo derogato alla regola. Ieri la questione è scoppiata in tutta la sua complessità. E abbiamo finalmente sostituito le tematiche femministe, terzomondiste, solidali, antiamericane e filoberinottiane con un bel dibattito sulla cacca. Il risultato è stato ottimo. Posso comunicare ufficialmente ai lettori di queste note che non c’è cacarella nel gruppo e che il massimo di stitichezza presente è di un paio di giorni. Ma siamo stati anche rassicurati: il caso più preoccupante è stato risolto e il soggetto in questione ci ha rassicurato: “Ho prodotto una bella pallotta di cammello”, ci ha detto raggiante. D’altra parte dice un proverbio Dogon: “Beato l’uomo che trova una donna bella, forte, lavoratrice e che fa una bella cacca”. Temo l’avvio di un approfondito dibattito sulle mestruazioni. Lo sento avvicinarsi. Oggi in pulmino c’è stato qualche accenno ma l’argomento sembra non ancora maturo. Riferirò in seguito se del caso. Visita a villaggio Sango, il primo dei paesi Dogon che vediamo. Qui la Banca Mondiale o il fondo monetario internazionale, non ho capito bene, ha costruito un campement (dicesi campement una specie di pensioncina che può andare da una costruzione con camere e bagni a un semplice recinto in cui si posso sistemare tende o dormire sotto tettoie), ha realizzato un impianto di energia solare e un pozzo con annesso serbatoio di acqua. Perché a Sango? Perché ci sono delle pitture in una specie di grotta dove i bambini venivano e vengono portati per la circoncisione. Il paesino ( che è ancora lontano dalla Falesia dove vivono la maggior parte dei Dogon dopo aver scacciato, secoli fa, i Telem) è affascinante e magico. Vediamo per la prima volta i celebri granai dove vengono conservati miglio e tesori familiari e dai quali provengono le bellissime porte intagliate in legno. A Bandiagara mangiamo. Nel primo paese Dogon, Myala, ci fermiamo nel campement di Ousmane, che da oggi affianca la nostra guida italiana. Veniamo ricevuti da ovazioni e da presentazioni ufficiali dei vecchi saggi del paese. Rimediamo una specie di stanza. Rimandiamo a domani la visita del villaggio. E decidiamo di andare a dormire. Continua nel frattempo la saga delle valigie. Le notizie ci inseguono. Anche il bagaglio ci insegue. Ormai l’abbiamo chiamata la sindrome delle valigie impazzite. Sembra che abbiano acquistato una loro autonomia. Vengono date per avvistate in mezza Africa. Ogni tanto mi scopro a sospettare sguardi ironici in qualche Barbara locale come se avvertisse anche lui il mio dramma e sapesse perfettamente dove sono le valigie e ne conoscesse una misteriosa maledizione locale, una macumba del bagaglio. Perché il bagaglio ci insegue, questo è certo. Noi eravamo a Tombouctou e lui veniva segnalato a Bamako. Quando noi siamo arrivati a Sevaré almeno quattro valigie erano state viste con certezza a a Mopti. Noi siamo andati a Bandiagara e le ciniche valigie hanno fatto un balzo a Sevaré. E’ fastidioso essere inseguiti dal proprio bagaglio. Ogni tanto sento il fiato del mio trolley sul collo. Sembra ormai certo che le valigie ritrovate siano quattro su sei. Poiché Luisella ha perso la sua unica valigia, Paola le sue due e noi le nostre tre è ormai in corso un complesso gioco matematico che somiglia a quello di chi voleva far traversare un fiume su una canoa un lupo una capra e un cavolo. Io sostengo che per creare il minimo di infelicità è meglio se le quattro valigie che ci inseguono sono le mie tre e quella di Luisella. Piangerà solo Paola. Ma se io ne ho persa una e Luisella o Paola l’altra, si piange in due. Poi arriva la notizia drammatica. Quelle di Paola e di Luisella sono in buona salute e delle mie solo una. E così continuerò a viaggiare vestito come un tuareg. Nel frattempo ho rimediato un cappello dogon col quale faccio la mia porca figura. (csf)
18 gennaio: a Mopti
In viaggio, non si sa perché, si leggono libri di viaggio. Dovrebbe essere il contrario. I libri di viaggio andrebbero letti a casa, a Cinisello Balsamo, a Cura di Vetralla, a Cernusco Lombardone. Invece si leggono mentre si viaggia. E’ come ascoltare musica mentre si suona la chitarra. Io leggo “Avventure in Africa” di Gianni Celati che mi ha prestato Silvia (i miei libri di viaggio sono tutti nel bagaglio che mi dicono sta girando nel triangolo delle Bermuda tra Malpensa, Dakar e Bamako). Mi colpisce soprattutto una sua considerazione sugli africani: Che sarà di loro? Diventeranno come gli occidentali? Scomposti, pedagogici, romantici, depressivi, maniaci del tutto sotto controllo? Crederanno nella privacy, nelle vacanze, nei progetti, nella testa proiettata verso l’avvenire e mai nel presente dov’è? Si vergogneranno della deperibilità dei corpi, del vecchiume, degli scarti, del rimediato, dell’aggiustato? Sono appunti di viaggio da queste parti che Celati fece nel 1997. Un viaggio con mezzi normali, pubblici, collettivi, autobus e treni strapieni e zeppi di umanità. Ogni tanto dice: “Non ho capito niente degli africani”. Figurarsi quanto ho capito io all’interno di un viaggio organizzato, per quanto di turismo responsabile e quindi molto attento alla realtà locale, come tutti quelli realizzati dal Cta di Torino. Io so tutto ormai di Roberta e di Silvia, di Elisabetta e di Paola. Ma niente di Mohamed. Sogno di fare da solo la discesa del Niger, dalla Guinea alla Nigeria passando dal Mali e dal Niger, su navi in servizio pubblico, un giorno. Fino ad oggi ho guardato molto, visto poco, capito molto poco. Mi riesce difficile soprattutto capire perché esiste l’Occidente ed esiste l’Africa. Perché esistiamo noi ed esistono loro. Ogni volta che sbarchiamo in un villaggio che è il buco del culo del mondo, mi fisso a guardare il bambino più piccolo e più carino e penso: “Ma che razza di sfiga ha colpito questo bambino da farlo nascere qui?” Capisco solo che il Mali non è il punto più basso della povertà africana. Forse perché c’è poco Occidente, pochi interessi delle multinazionali, poche risorse da piratare. Sono i ricchi che creano i poveri. Forte di queste profondissime considerazioni che mi fanno sentire più intelligente, corretto e terzomondista, affronto il terzo giorno di navigazione sul Niger. Le batterie della videocamera si sono esaurite. Ne approfitto per stare più attento a quello che vedo. Sfiliamo lentamente acconto a piccoli villaggi di pescatori dai quali compriamo pesci e legna. I bambini ci urlano dietro saluti. Le donne sono sempre più belle e sembrano sempre più intente a lavare se stesse e le pentole nel fiume. Ieri sera io e Roberta stavamo accendendo il fuoco con metodi naturali (fiammiferi, qualche legnetto, pagliette e fazzolettini di carta) quando il conduttore della pinasse ha la splendida idea di usare il suo metodo e butta mezza tanichetta di benzina sul fuoco incipiente. Per miracolo don diventiamo dei bonzi in fuoco. La fiammata è alta, ci avvolge tutti ma ne usciamo intatti anche se Roberta per qualche secondo osserva stranita la sua mano destra in fuoco. Tragedia sfiorata. Turismo avventuroso. I pericoli del viaggiatore estremo. A metà giornata arriviamo a Mopti, città vivacissima, un mercato coloratissimo, un porto fluviale impressionante per attivismo. Splendido il settore delle lastre di sale che vengono sbarcate e subito ridotte mattonelle oppure addirittura tritate. Trovo un intrenet point e scopro che Berlusconi litiga con i suoi alleati. Chiudo il collegamento. Non vorrei che mi arrivasse addosso una dichiarazione di Lunardi. (csf)
da Isabella Guarini
Caro Freeman, non so se le canne possono trasformarsi in cannonate, ma è noto che le une e le altre conducono alla complicità con la malavita organizzata o disorganizzata che sia, con la pericolosità sociale che ne deriva.
da Rita Guma
Silvia Palombi scrive: “Noi non veniamo mai citati da nessuno eppure santi numi siamo un blog ganzo, civile, vivace”. Credo che altri blog siano una sorta di tazebao, con milioni di ideogrammi. Qui si respira l’aria di una bella cucina antica dove gli amici si confrontano mentre il padrone di casa prepara una bevanda calda e profumata. Un momento di riflessione pubblico ma al contempo privato. Credo che questo blog andrebbe citato nelle rassegne di stile, ma non ne vedo molte in giro.
da Paolo Borgherini, Milano
In attesa che le leggi di iniziativa popolare facciano il loro corso, segnalo che la Finanziaria 2006, pur lasciando immutato il meccanismo dell’ 8xmille (art. 338), ha introdotto (art. 337 che non riporto x non sforare i 500 caratteri) la possibilità, a scelta del contribuente, di destinare un ulteriore 5xmille, in alternativa a: associazioni di volontariato, ricerca scientifica e universitaria, ricerca sanitaria, attività sociali del comune di residenza.
da Silvia Palombi
Il post su Mao conferma la tempra dell’avvocata nostra che, in un periodo difficile per i fan del Banana, ha deciso di concedersi un po’ di lsd, anche per celebrare degnamente la scomparsa di Albert Hoffman. Dai avvocato siamo tutti con lei dica la verita’.