da Giuseppe Valicenti
Si parla tanto di par-condicio, di conflitto di interessi e le solite anime belle a rassicurarci che no, non sono certo le TV a influenzare l’opinione pubblica, gli elettori; il conflitto ci sarebbe pure ma a far da garante è la liberalità del premier che lascia spazio a tutti, che ha le tv piene di comunisti che… Poi si scopre che al consiglio dei ministri il nostro liberale all’amatriciana minaccia Follini di aizzargli contro una campagna di discredito. Campagna peraltro già cominciata con la “fatwa” in prima pagina dei vari Libero, Il Giornale contro coloro che non vogliono l’abbassamento delle tasse (sic!).
da Pier Franco Schiavone, Milano
Gianni Agnelli, De Lorenzo, Bassolino e molti altri, quando hanno avuto un problema di salute grave sono scappati dall’Italia, anche non vivendo nell’improbabile padania. Vanno a Londra, in un Paese mediocre sotto il profilo della sanitá, dimenticando che in Italia c’è una clinica dove più volte hanno salvato la vita al Papa. Vanno negli Stati Uniti, senz’altro all’avanguardia, ma gli stessi medici americani hanno più volte espresso attestati di stima ai colleghi italiani. Non che si pretenda che Bossi (auguroni) si faccia accudire dall’ospedale di Roccasecca, ma alcuni centri cardiologici e neurologici di Milano sono eccellenti. Del resto da uno che si ritiene erede dei Celti (romantica invenzione) e che insultava noi “latini”, che ti puoi aspettare, che si faccia mettere le mani addosso da un neurochirurgo, che so, Sannita? Meglio un extra comunitario svizzero.
da Fabrizio Grieco, Olanda
Una quindicina di giorni fa, durante una trasmissione Rai di premiologia balneare, la seriosa “”” giornalista””” Paola Saluzzi, circondata da intellettuali del calbro di Lando Buzzanca, ha affermato che Giorgio Almirante e’ stato un “Padre fondatore della Repubblica” (dove???? quando????).
Se per voi tutto questo e’ normale, allora vi meritate di vivere in un paese governato da papponi.
Disperatamente dall’esilioFabrizio
Come a volte accade anche le persone di “alta statura” dicono sciocchezze. Sartori sarà anche alto, ma si è dimostrato un nanetto a proposito delle battutacce sulla presunta prigione dorata di Sofri e su quanto questa faccia bene alle tasche e all’intelletto dello stesso. Sartori, nell’occasione, pur dotato di tanta scienza politologica, ha dimostrato che gli sono senz’altro necessarie alcune lezioni di buon gusto. Caro maestro, studi e torni quando sarà più preparato.
da Rosario Perongini
Sono tre anni che scrivo a tutto il mondo politico,di maggioranza governativa e non ho mai ricevuto risposta nè aiuto da alcuno ho 58 anni e da 3 sono invalidocivile per un ictus con emiparesi sx,e 230€mensili per vivere e lo stesso BERTINOTTI dice che neanche con 700€ si riesce,per chi a chi devo rivolgermi per avere un po di giustizia sociale e solidarietà?Mi sono rivolto a un sindaco di centrosinistra in toscana ,a un sindaco di centrodestra nel LAZIO ma entrambi hanno fallitoCHI difenderà i miei interessi?HO bisogno di aiuto ,chi può darlo on cerco elemosina ma solo la dignità
da Alessandro Ceratti
Propongo a tutti i blogger di questo sito di unirsi e di presentare una querela contro CSF per interruzione di pubblico servizio.
da Santi Urso
Interessante la trascrizione del mio cognome, in posta pregressa. E’ diventato Ursu. Vuol dire che Lei ozia in Costa Smeralda? Vuol dire che Lei e’ in Sardegna in trattative per giornalismi isolani? Guardi che il popolo vuole sapere (Lei, lo sa bene, e’ l’unico fenomeno editoriale del momento, a parte Dipiu’) saluti moderatamente dalemiani Allora: sono in giro per le montagne del Trentino per registrare sei puntate di un nuovo programma per Rai Tre che andrà in onda il mercoledi in seconda serata dalla fine di settembre. Io e Filippo Solibello intervistiamo sei fanciulle (Francesca Neri, Alda D’Eusanio, Milly Carlucci, Lucrezia Lante della Rovere, Lella Costa e Daria Bignardi) mentre camminiamo in un trekkink fra le cime e le vallate. Nome del programma, ovviamente, Startrekking. Spero di avere accontentato ogni curiosità. Voi da parte vostra potete contraccambiare corrompendo, quando sarà il momento, i vostri amici muniti del meter dell’Auditel (csf)
di Alessandro Robecchi (dal Manifesto)
Monti al posto di Tremonti? Quella sui monti sarebbe l’unica aliquota che Silvio riesce a ridurre. Sennò, Moratti. Sennò, Baldassarri. Sennò rimpastone galattico: Urso al commercio con l’estero, Alemanno alle finanze, con Marzano ceduto a parametro zero al Barcellona, dove però starebbe in panchina. Fa male la sinistra a chiedere la crisi di governo immediatamente: almeno finiamo di ridere, prendiamoci qualche minuto in più, dove lo trovi, oggi, uno spettacolo simile? Effetti collaterali: le due casse di battute su Tremonti, adesso, dove le metto? Vatti a fidare degli amici: quando gli hanno detto che il suo documento economico era pieno di cazzate, lui si è affrettato a dire che l’avevano scritto Cicchitto e Brunetta. Tutti hanno annuito: ecco spiegate le cazzate. Il gallo ha cantato tre volte, ma Calderoli ha fatto finta di niente, meglio del mago Silvan: il famoso asso di ferro tra la Lega e Tremonti non era per niente un asso, era un due di picche. Ma non siamo qui per gettare sale sulle ferite. Anche se il presidente Mao insegnava a «bastonare il cane che affoga» non vogliamo infierire, specie in un momento in cui l’Italia si presenta all’importante platea europea cercando di non essere bocciata. Dunque, nell’ambito di un’opposizione responsabile, tesa a costruire anziché distruggere, suggeriamo al presidente del consiglio e ministro dell’economia ad interim, qualche trucco per raccogliere consensi di fronte all’Ecofin, nella difficile giornata di domani. Pacche sulle spalle, sorrisi, barzellette e corna non basteranno, occorre uno sforzo di fantasia.
Ecco alcune possibili soluzioni:
Fare come Marlon. Il presidente del consiglio Berlusconi potrebbe imbottirsi le guance con cotone e fazzoletti di carta come fece Brando ne Il Padrino, in modo da sembrare più autorevole e minaccioso di fronte agli euroburocrati che vogliono rovinargli le vacanze. In alternativa, all’Ecofin potrebbe mandare una squaw, come fece Brando quando prese l’Oscar.
Fingersi pazzo. Con le lentezze burocratiche dell’Europa, per avere una perizia psichiatrica servono almeno due-tre mesi. Silvio potrebbe giocare su questo intervallo: mentre l’Ecofin decide sulle sue condizioni mentali, troverebbe il tempo di nominare un nuovo ministro dell’economia, tagliare le spese, tagliare le tasse e rilanciare i consumi e rispettare il contratto con gli italiani. Perché questa manovra riesca, meglio presentarsi con Apicella alla chitarra, leggendo il documento economico in napoletano. L’accento brianzolo potrebbe ammorbidire le grandi agenzie di rating.
Occupare i binari. Con un’improvvisa azione di protesta, Silvio potrebbe sdraiarsi di traverso alla Stazione Centrale e impedire la partenza dell’Eurostar per Bruxelles. In questo modo la riunione dell’Ecofin verrebbe rinviata e l’Italia rimanderebbe di qualche giorno la severa ammonizione dell’Europa.
Sganciare i soldi. Visto il rischio mortale che corre il suo governo, Silvio potrebbe decidere di ripianare di tasca sua i conti dello Stato. Sarebbe un gesto generoso e responsabile da parte dell’unico imprenditore che ha migliorato i suoi affari durante i tre anni del suo governo. In questo caso, chiedere all’Ecofin se accetterebbe per caso un assegno postdatato, oppure cambiali firmate dalla zia del portiere dello stabile dove abita Previti, che morirà poi in un misterioso incidente.
Dare la colpa ai comunisti. Sembra una scemenza, gente, ma Bondi potrebbe pure crederci e Fede ci aprirebbe il Tg4 invece delle previsioni del tempo. Il documento economico era pronto e perfetto, ma le milizie comuniste glielo hanno sottratto, sostituendolo con un falso. Talmente falso, cretino e vago da sembrare scritto da Tremonti in persona. Diabolici.
Se nessuno di questi sistemi dovesse funzionare, Silvio non avrebbe alternative. Dovrebbe al fine rassegnare le dimissioni, chiedere le elezioni anticipate e tornare da Bruno Vespa a promettere meno tasse per tutti, un’autostrada procapite per ogni italiano automunito entro il 2008 e corsi di computer per gli alunni degli asili-nido. Chissà, potrebbe anche funzionare…
di Adriano Sofri(grazie a Paola Bensi)
Al suicidio di un detenuto si dedica un trafiletto. Per fortuna, ogni tanto, viene qualcuno in visita. Come Roberto Vecchioni, grazie al quale il cortile del carcere ha cambiato nome.
Abbiate pazienza: parlerò di galera. Del resto ammettete che non se ne parla quasi più. Una pietra sopra. La settimana scorsa si sono suicidati cinque detenuti, a Bologna, a Roma, a Firenze, e sì e no qualche trafiletto. Se cinque evadono segando sbarre e calandosi coi lenzuoli dalla finestra, un buon titolo se lo guadagnano. Ora io non dico che un’evasione rocambolesca non meriti un buon titolo. Ma anche a quegli altri cinque che i lenzuoli se li sono annodati al collo e se la sono squagliata direttamente all’altro mondo, un titoletto non andava negato. Per lo più si tratta di disgraziati ancora da giudicare, o condannati a pene brevi. Però a morte. Stasera, mentre scrivo, passa su un telegiornale un titolo che dice: «Un’insegnante portava seghetti per denaro nel carcere di Ivrea, con la complicità di due agenti». Notizia piccante, non dico di no. Sono pur sempre degli statali che arrotondano singolarmente lo stipendio, e passano al lato d’ombra del muro di cinta. Ma su quel telegiornale non l’ho visto scorrere, un titolo sui suicidi della settimana scorsa, né sulle altre morti in carcere, né sulla macabra sequela di suicidi sardi di un po’ di tempo fa.
Va bene, dopotutto si tratta di galera, nero fondo di pozzo: alla larga! Mi ha impressionato che un alto dirigente per le carceri del ministero di Giustizia, che si chiama Emilio Di Somma, sia andato l’altro giorno a un convegno di persone di buona volontà e abbia spiegato schiettamente che l’indultino ha avuto un effetto irrisorio, che i detenuti usciti nell’arco di un anno sono stati più che rimpiazzati dai nuovi arrivi, e che oggi, a estate entrata, i detenuti sono 56.500 per una capienza ufficiale, cioè molto ottimista, di 42 mila. Di Somma si è perfino congratulato col senso di responsabilità dei detenuti cui soltanto finora si deve l’ordine che regna nelle tristi prigioni, il triste ordine. E ha perfino lamentato la ostinata renitenza delle competenti autorità ad alleviare la condizione carceraria, dal Giubileo in poi. Ha fin troppa ragione, naturalmente. Nemmeno del palloncino gonfiato dell’indultino si è più parlato, neanche per un minutino. Anche di allora mi ricordo i titoli di telegiornale: «11 mila delinquenti stanno per uscire dal carcere». Ne sono usciti meno di un terzo, e non in un giorno, ma in un anno. È tutto uno scherzo, vedete.
Nelle prigioni le attività tese a dare qualche dignità ai giorni dilapidati dei detenuti («trattamento», si chiama) sono sempre più ridotte, in nome del risparmio e della sicurezza. D’altra parte, la stessa cosa succede con le cure mediche e i farmaci, in nome del risparmio e della sicurezza, benché chiunque sia pronto a proclamare che la salute prima di tutto. Se sapeste che cambiamento nella vita dei detenuti viene dalla disponibilità di qualcuno ad ascoltarli, dall’attribuzione di una responsabilità anche infima, dall’occasione di un lavoro, fosse pure un paio di settimane da scopino. Sono altrettante piccole resurrezioni, alla lettera: corpi giacenti e abbandonati che si drizzano e riprendono vita, facce schiacciate che riprendono un’espressione. Dove queste attività si svolgono, la proporzione fra costi e ricavi è così sbilanciata a favore dei secondi che solo un’ottusità burocratica o una banale cattiveria possono non accorgersene.
Nel carcere pisano dove vivo (vivo? muoio? Le due cose finiscono con l’avvicinarsi per tutti, ma qui sconfinano presto l’una nell’altra) ci sono dei corsi scolastici. Ci sono scuole elementari e medie, preziose soprattutto per i ragazzi cosiddetti extracomunitari. C’è un corso di scuola superiore, un istituto agrario condotto parallelamente a quello esterno. La dozzina di detenuti che ne ha seguito le classi ha concluso con altrettante promozioni, spesso con voti distinti. E non per qualche speciale indulgenza dei docenti, che hanno sì una comprensione peculiare per quella chiusa succursale della loro scuola, e d’altronde se non fosse così non verrebbero assiduamente in un posto come questo, ma danno e chiedono agli allievi di dentro con l’impegno che mettono e si aspettano dagli allievi di fuori. A incontrarli nel corridoio mentre vanno a lezione, questi detenuti hanno un’orgogliosa serietà che fa scommettere sul loro futuro. Ci sono anche alcuni studenti universitari, anch’essi seguiti da docenti all’interno: i loro esami sono frequenti, i loro voti quasi sempre eccellenti. La sezione riservata a scolari e studenti ha un’austerità da collegio inglese.
Ogni tanto il mondo di fuori entra per qualche speciale occasione. Qualche giorno fa la chiesa del carcere ha ospitato la mostra di dipinti di Sergio e Isabella Staino che avevano illustrato il volume della Einaudi dedicato al mio racconto natalizio. La mostra era già andata a Palazzo Strozzi a Firenze, al Campidoglio a Roma. Ma qui era bellissima. Che le pareti delle galere possano animarsi di figure e colori, rinunciando al culto della bruttezza che vi vige per ufficio, è un bel pensiero, e qua e là si è tradotto nei fatti. Non so se la bellezza salverà il mondo: so per certo che la bruttezza lo perderà. Né si può immaginare che la bellezza riscatti la galera: certo la bruttezza la danna. La bellezza, e la musica. La galera è fragore di ferri battuti e stridore di denti. La musica entra con ali d’angeli.
All’inaugurazione della mostra è venuto Roberto Vecchioni, per amicizia. Per amicizia ha tenuto un concerto impegnato e generoso quanto e più di un concerto tenuto a un gran pubblico di gente libera e pagante. Detenuti, agenti, ospiti erano trascinati e commossi. Ha raccontato, Vecchioni, il cartello sgangherato incontrato in Kenya con la pretenziosa scritta: «Rotary Club of Malindi». Gli farà piacere sapere che dopo la sua visita i detenuti hanno cominciato a chiamare il cortile dei giorni sfortunati, quello che finora era «l’aria piccola», col nome di «Rotary Club of Malindi». I detenuti sono devoti fino alle lacrime alle belle canzoni, e però sono capaci di umor nero.
da Matteo Tassinari
Io ho capito tutto: CSF torna ad essere direttore del nuovo Magazine del Corrierone. Ci ho preso, eh!?
Ma perché volete tutti che io lavori? (csf)