Carta Canta di Marco Travaglio – Repubblica.it
“Chi ci crede ha qualcosa in più” (Umberto Bossi, La Padania, 26 giugno 2006).
“Il referendum sicuramente rappresenta una grande sfida e sarà importantissimo riuscire a spiegare a tutto il popolo quali sono i contenuti fondamentali di questa riforma, una riforma che non mira assolutamente a spaccare il Paese, come continua a ripetere la sinistra a mo’ di disco rotto. Basta con queste fandonie. Sono certo che riuscendo a spiegare i contenuti di questa riforma riusciremo anche a vincere il referendum” (Roberto Castelli, Lega Nord, all’epoca ministro della Giustizia, La Padania, 17 novembre 2005).
“Gli italiani attendevano da tempo questi importanti cambiamenti e con il loro voto nel referendum popolare, che si terrà il prossimo anno, confermeranno la nuova Costituzione approvata ieri in via definitiva” (Aldo Brancher, FI, all’epoca sottosegretario alle Riforme e alla Devoluzione, “L’Avanti!”, 17 novembre 2005).
“I cittadini hanno capito la portata della riforma. Questo referendum ci porta sulla strada del federalismo che da oggi non potrà più essere messo in discussione. Ormai la direzione è stata tracciata ed è un cammino irreversibile. Nonostante il governo di centrosinistra la Spagna ha dato il via libera alla devolution. Anche per noi sarà una fase di non ritorno. Federalismo significa responsabilizzare gli amministratori e far crescere il territorio. Chi spinge per il centralismo lo fa per questioni di potere ma è una strada fallimentare. Siamo ottimisti nonostante la data non sia delle migliori. Per la maggioranza sarà una vera mazzata. A Roma c’è chi pensa sia possibile mantenere lo status quo. Ma sono finiti i tempi della Prima Repubblica: Scalfaro è il portavoce di un sistema antiquato che portava molto potere allo Stato. Al contrario Umberto Bossi è l’uomo del cambiamento che ha raccolto le istanze di libertà del territori. Il modello assistenzialista non ha funzionato. Il federalismo è l’unica ricetta per risolvere i problemi del Mezzogiorno perché taglia le spese dello Stato e radica i cittadini alla propria terra. Anni fa tutti dicevano che non ce l’avremmo mai fatta, ora siamo a un passo da un grande traguardo” (Federico Bricolo, deputato della Lega Nord, La Padania, 25 giugno 2006).
“Ebbene, noi non temiamo il referendum. Voi sarete costretti a dire ai cittadini solo cose non vere. Noi, invece, diremo e dimostreremo che abbiamo corretto la vostra riforma del 2001 e che siamo riusciti ad approvare la riforma dello Stato che, affrontata fin dagli anni Ottanta, non si era riusciti a realizzare” (Michele Saponara, FI, alla Camera dei Deputati, 15 ottobre 2004).
“Ci sarà un referendum nel quale il popolo italiano, che la sinistra dice di rappresentare, sarà chiamato ad esprimersi senza alcun bisogno che qualcuno lo faccia prima in suo nome. Vedremo. Nel centrodestra mostrano un certo ottimismo. Tornando alle ossessioni del centrosinistra vorremmo ricordare che questa riforma è stata proposta legittimamente da un Governo legittimo, è stata votata da un Parlamento altrettanto legittimo, sarà votata dal popolo attraverso il referendum. Ci sarà la possibilità di ricorrere alla Corte Costituzionale. La democrazia funziona cosi. Altrimenti c’è l’ostinazione che è, come amava ricordare il Conte di Lautréamont, ‘piacevole figlia del mulo, fonte tanto copiosa d’intolleranza’…” (Paolo Del Debbio, ideologo di Forza Italia, già assessore alla Sicurezza della giunta Albertini a Milano, Il Giornale, 17 novembre 2005).
“35% è la cifra che in queste ore sta scatenando silenziose crisi di panico tra la sinistra. E’ la statistica sull’affluenza alle urne per il referendum costituzionale calcolata sulla giornata di ieri. Scendendo dai cieli dell’astrazione alla dura terra della realtà si scopre che 35% è davvero tanto per una afosa e soleggiata domenica di fine giugno… Il Sì amplifica il suo valore politico per trasformarsi in un referendum contro Prodi e la sinistra. Curioso: Berlusconi è sempre lì, ma non è più il nemico pubblico numero uno. Il nuovo nemico è diventata rapidamente la volontà di riforme che sta portando tanti italiani ad andare a votare. E’ la volontà popolare che sta parlando e non c’è par condicio, satiro, giornalista e giudice che possa intimidirla… Il risultato del referendum è già arrivato e, come quello delle elezioni politiche, è di restituire la fotografia di un’Italia spaccata tra cittadini che chiedono riforme e una politica della resistenza al cambiamento. Ancora una volta, è questione di scelta individuale: di libertà” (dal sito internet di don Gianni Baget Bozzo, 26 giugno 2006).
(da Affari Italiani)
da Pino Granata
Comincio a non sopportare piu’ il linguaggio di Prodi. Cosa significa l’Italia ce la può fare? Che c’è la possibilità che l’Italia non ce la faccia? Ed allora che succederebbe? No caro professore l’Italia ce la deve fare. Costi quel che costi!
da Pier Franco Schiavone
Ma che avrá voluto dire Vanini? Le penne sparite come oscuro presagio? Una volta si scrutava il volo degli uccelli (noti pennuti) e oggi il percorso delle penne stilografiche? Oppure, più prosaicamente, intende dire che tra i ministri ci sono dei ladruncoli? Magari le penne se le è fregate Prodi per darle alla famosa nipotina come souvenir, oppure Napolitano che, non capendo come un comunista possa essere asceso al Quirinale, se le è prese a imperitura memoria. Oppure se le è fregate Pasquale Cascella che in qualità di direttore dell’informazione del Quirinale ha bisogno di materiale per redigere le veline. Se le penne erano rosse se le è fregate la Melandri, maestrina dalla penna rossa. Le penne potrebbe averle fatte sottrarre Formigoni per lanciare un oscuro messaggio al suo sostituto al Senato, Del Pennino. Personalmente propendo per Berlusconi. Perché? Boh, cosí, lui c’entra sempre.
da Paolo Beretta
Granata, non confonda il provincialismo con gli accordi internazionali. I corridoi 1 e 5 sono strutture di livello europeo che comportano, per gli stati interessati, il rispetto di impegni internazionali. Certe cose vanno fatte perché ci sono impegni presi, che vanno onorati. Giusto, quindi. Non facciamo i provinciali.
da Isabella Guarini
Caro CSF, con l’afa estiva tutto sembra più indigesto. Sesso, politica e carriere sono una trilogia vecchia come il mondo, non per questo tollerabile. Inevitabile perché deriva da istinti ancestrali, che si dovrebbero reprimere per il bene della democrazia e che, invece, esplodono nei palazzi rappresentativi della Repubblica. Che non sia una sfida per verificare il proprio potere una volta conquistato ?. Non sono una psicologa, ma più che farne una questione di destra o di sinistra, ne farei una tra uomo e donne. E ci risiamo! Ma questa volta a sfavore delle donne che si offrono pur di fare carriera e dallo scandalo ricavano pubblicità insperata. Devo dire che prima dello scandalo dei giochi sessuali nei palazzi della nostra Repubblica, non sapevo dell’esistenza della soubrette di cui tanto si parla.Fra qualche tempo, il fatto sarà dimenticato, mentre resterà la fama della signora.
da Paola Altrui, Roma
Durante un servizio del tg3 dedicato all’ennesima bagarre scatenata dall’avv. Taormina nel corso del processo d’appello per l’omicidio di Cogne, ho udito qualcosa che ha dell’incredibile: il suddetto sarebbe in corsa per un posto di giudice della Corte Costituzionale. Voglio augurarmi che si tratti di una voce fatta circolare ad arte dallo stesso Taormina, o al massimo della goliardica proposta di qualche bontempone (tipo la candidatura di Berlusconi al Nobel, per intendersi).
An quanto pare la Tav va realizzata non perchè è una necessità, ma per restare nella Cee. Così il nostro presidente del consiglio. Questo provincialismo e complesso d’inferiorità italiano è intollerabile, così come il filoamericanismo di Berlusconi. certe cose vanno fattte perchè nella Cee o negi Stati Uniti sono così. Il che qualche volta potrebbe funzionare, ma il guaio è che si prende sempre quello che fa comodo e di imitare gli altri quando veramente sarebbe utile non se ne parla nemmeno. Ma siamo poi sicuri che gli altri siano tanto meglio di noi? Visto che sono fresco di una recente vacanza nella zona di Marbella, posso dire che non mi piacerebbe proprio che si imitasse la Spagna nel devastare completamente le coste che ormai sono urbanizzate al di là di ogni sopportabiltà al punto che è impossibile vedere un po’ di verde. In compenso spicca il bianco dei grattacieli e delle ville.
da Walter Vanini, Carona (Bergamo)
Le recenti ormai quotidiane difficoltà del governo Prodi, per la verità più nel gestire le diverse anime della coalizione che gli impellenti problemi del Paese, non dovrebbero stupire più di tanto, visti i cattivi presagi che già si potevano individuare il giorno dell’inizio del suo mandato. Proprio il giorno del giuramento del nuovo esecutivo infatti, la misteriosa sparizione di due preziose penne stilografiche, riportata dai quotidiani in un defilato trafiletto, poteva essere interpretata come un pessimo auspicio. Sono seguite poi le meschine trattative per l’accaparramento dei ministeri, la stucchevole pletora dei sottosegretari, lo sconcertante presenzialismo televisivo dei neoministri, le improvvide antitetiche dichiarazioni di esponenti dello stesso governo su temi come TAV, pacs e staminali, i contrasti sulla missione militare in Afghanistan e sulle modalità di ritiro dell’Iraq. Insomma il popolo della sinistra appare giustamente preoccupato e deluso. Ma i più accorti avevano già intuito tutto leggendo quella notiziola apparentemente insignificante sul furto di due preziose penne…
di Marco Travaglio sull’Unità
Dieci giorni fa il pm Woodcock doveva «cambiare mestiere» (Fini), era «matto» (Gasparri), imbastiva «rumorosissime inchieste poi finite in una bolla di sapone» (Ostellino), mentre la Procura di Bari che chiedeva l’arresto di Fitto per le mazzette di Angelucci costituiva un’«emergenza democratica» (Bondi) e, avendo indagato pure un vescovo, una minaccia «per la religione cattolica» (Biondi), insomma l’intera magistratura preparava «l’assedio a Berlusconi» (Berlusconi) per «influenzare il referendum» (Gabriella Carlucci)in un «clima da manette facili» (Villetti). Poi Angelucci ha confessato di aver dato soldi a Fitto, mentre la «bolla di sapone» di Potenza raccoglie una confessione al giorno. Confessa il faccendiere Migliardi (con la g): «Ho dato 60mila euro al principe». Confessa il faccendiere Bonazza. Confessa il signor Savoia, checché ne dica la solita avvocatessa Bongiorno: ammette di aver corrotto i doganieri per non pagare l’Iva alla frontiera; ammette di aver pagato «commissioni» (in Italia si chiamano tangenti) al sindaco di Campione; ammette di essersi rifornito di prostitute dal duo Rizzani & Bonazza; ammette di aver ricevuto 10 mila euro di «intermediazione» (che in Italia disolito vuol dire corruzione) da Migliardi dopo averlo messo in contatto col faccendiere De Luca, che corrompeva i Monopoli di Stato. E quel che non confessano, gli indagati l’hanno già confessato al telefono. Inseguire le centinaia di intercettazioni sarebbe impossibile. Ma va detto che l’ottimo Salvo Sottile, già portavoce di Fini addetto a «certi bei tipi di porcelle» nel suo ufficio alla Farnesina, s’è buttato un po’ giù,facendo onore al suo cognome francamente riduttivo, quandoha detto ai giudici che al telefono lui millantava prestazioni fisicamente impossibili: «Ma lei pensa che sono Mandrake? Io prendo sette pillole al giorno per il cuore… ». Ecco, la qualità e il colore delle sue pillole appartengono alla sua privacy. Ma il suo amico Lorenzo Di Dieco, funzionario Rai fra i migliori dell’ultima gestione, gli ha subito restituito la giusta fama di maschio latino: «Sottile mi usava come procacciatore di donne. Gliele portavo perché lui desse loro una mano…». E lui gliela dava, in un certo senso, una mano. Anche due, alle volte. E anche di più, se è vero quel che diceva al telefono, in perfetto stile diplomatico, come si conviene a un inquilino della Farnesina: «Lore’, chi ci trombiamo oggi?». Un altro procacciatore gli sottoponeva il curriculum delle visitatrici, perché Sottile va piuttosto per il sottile, è per la meritocrazia: «Elisabetta m’ha mandato il suo curriculum: un metro e 70, molto carina, bionda: insomma, è preparata». Curiosi come sono, i magistrati han chiesto a Di Dieco quante gliene abbia portate, e dove. Lui prontamente ha risposto: «Mah, credo una decina… Lui diceva: “Porta”, e io portavo ». Dove? Sempre alla Farnesina, che si sta rivelando come un luogo insospettabilmente erogeno e particolarmente pruriginoso. In effetti, un conto è dire a un certo bel tipo di porcella: «Cara, oggi ti porto alla Farnesina », e un altro è dirle: «Andiamo al ministero dell’Attuazione del programma», o magari «Che ne diresti di una fuitina alla Funzione pubblica?». Saranno le volte affrescate, sarà il viavai di feluche, sarà il personale in livrea, ma alla Farnesina è tutt’un altro ricevere. C’è proprio un’atmosfera afrodisiaca. Uno non sarà Mandrake, uno si chiamerà Sottile, e al seguito di Fini per giunta, ma il contesto ambientale aiuta. Ci si aggrappa a tutto, anche ai cognomi: e Bonazza, Rizzani, Sabbatani Schiuma non sono niente male in quei momenti lì. Aiutano anche quelli. Soprattutto se l’offerta abbonda, se i bei tipi di porcelle arrivano dieci alla volta e bisogna «dare una mano» a tutte, roba che neanche la dea Kalì. Dopo una settimana di confessioni, Ostellino, quello della «bolla di sapone», ha ripreso carta e penna. Non per chiedere scusa dell’ennesimo abbaglio, o per annunciare che, visto che non ne azzecca una, ha deciso di andare a nascondersi. No, ha scritto sul Corriere che «dalle domande dei giudici traspare una certa morbosità, tanto anomala quanto ingiustificata » da «frati porcaccioni nel chiuso di un confessionale medievale ». Capito chi sono i porcelloni? I magistrati. Infine Ostellino ha tirato fuori l’esempio virtuoso degli Stati Uniti, dove certe inchieste e certe domande sarebbero impensabili. Infatti Bill Clinton e Monica Lewinsky erano neozelandesi.