Ho cominciato questo mestiere facendo il giornalista sportivo, come mio padre che era direttore del Corriere dello Sport e che fu il primo radiocronista di calcio. Solo per dire che so di che cosa sto parlando. Sto parlando dei telecronisti tifosi. Che cominciano la telecronaca urlando forza Italia forza azzurri. Roba da terzo mondo sportivo e culturale. Telecronisti che parlano della squadra usando il pronome «noi», che di un avversario che sbaglia dicono «per nostra fortuna non ha colpito bene il pallone», che si trasformano anche in commissario tecnico. «Non dobbiamo fare questi passaggi, piuttosto palla indietro al portiere». Oppure: «Io Balotelli non l’avrei fatto uscire». In compenso, mentre le telecamere indugiano su volti noti e seminoti sulle tribune, si guardano bene di dire i loro nomi. Dicono anche «se nessuno protesta come facciamo a convincere l’arbitro che era fallo?» Insopportabile. Il giornalista sportivo non deve fare il tifo, deve raccontare, dire i nomi, spiegare il regolamento, rendere l’atmosfera, trasmettere l’emozione. Il tifo lo facciamo noi. È come se il giornalista politico facesse il tifo per un politico o per l’altro. È come se il giornalista economico facesse il tifo per un amministratore delegato o per l’altro. Come dite? Vabbé, faccio finta di non aver sentito.
Il giornalista politico “fa” il tifo per un politico o per l’altro. I giornalisti sportivi, parlo di quelli che parlano continuamente durante una partita o una formula 1, farebbero meglio a stare zitti. Personalmente tolgo l’audio. Per radio sono addirittura insopportabili, ma lì non posso togliere l’audio, cambio semplicemente canale. Sono sostanzialmente d’accordo con csf, anche se immagino che essere coinvolti nel tifo faccia bene a certe persone, specialmente a quelle che credono più alle parole degli altri che a quello che riescono a giudicare con la propria testa… Un classico della politica. Se non fosse così, Giuliano Ferrara, per esempio, se lo scordava “Qui radio Londra”, con grande risparmio per la Rai, costretta ad ubbidire ai “poteri forti”(?) con i nostri soldi…
Si parla (o si scrive) sempre ciò che è utile a vendere il prodotto, proprio e quello reclamizzato. Se poi analizziamo le interviste pre-post-intra partita, qui cadiamo invece sugli ovviomi e banalità da salotto tea party, ma con gli invitati in mutandoni e scarpe con i tacchetti (non si sa mai possano servire)
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