da Primo Casalini, Monza
Se ci dicessero che esiste in Italia una città capoluogo di provincia in cui gli imprenditori possiedono un giornale locale che è di gran lunga il più venduto nella città e nella provincia, in cui l’elezione del sindaco dipende da come si schiera questo giornale, in cui il rapporto fra l’imprenditore più importante e la banca più importante è a livello simbiosi, in cui la curia vescovile è grata minuto per minuto al giornale, agli imprenditori, alla banca per i frequenti aiuti che riceve in tutte le sue necessità, in cui la procura della repubblica è una sinecura o quasi ed in cui, avendo molto tempo libero a disposizione, il capo frequenta l’imprenditore, il direttore del giornale, il vescovo, il direttore della banca, in cui l’opposizione (ci sia chi c’è in quel momento) è amichevolmente inserita in tutte queste frequentazioni, tanto ci si incontra tutti sui campi da tennis o nelle piscine dei grandi country club, infine in cui l’argomento principale che viene usato in campagna elettorale contro un candidato è di essere originario di un’altra città, capoluogo della provincia confinante, diremmo tutti: “Di quale città della Sicilia stai parlando? Lo sappiamo, è la regione del 61 a 0.” E’ Parma, quella città. Per quindici anni sono continuate le malversazioni alla Parmalat, tanti sapevano ma non è uscito niente. Spero proprio che sia la procura di Milano a continuare le indagini perché Francesco Greco non è una toga rossa, è una toga sveglia. Finiamola con l’ovatta: la realtà esiste. P.S. Ventisei anni della mia vita sono trascorsi a Parma, bellissima città.
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